Lectio Divina

COS'E' LA LECTIO DIVINA

In Oriente già l’imperatore Giustiniano, parlando del modo in cui i monaci dovevano trascorrere il tempo libero dall’ufficio divino, stabilì: “Perciò questa duplice opera deve essere proposta ai monaci, e cioè: o che si dedichino alla Sacra Scrittura e meditino, oppure che esercitino le cosiddette opere manuali”; e ne dava la ragione: “giacché la mente temerariamente oziosa non produrrà niente di buono”. Dalla lettura divina approfondita, i monaci, dovevano imparare ciò che era loro necessario per la vita, come diceva san Basilio. Ma affinché potessero farlo, dovevano saper leggere; perciò, se uno entrava in monastero senza possedere tale preparazione, primo suo dovere era acquistarsela. Anche san Pacomio, altro grande padre del monachesimo insieme a san Basilio, stabiliva che non vi fosse nessuno in monastero privo di tale scienza e che non sapesse a memoria alcuni passi della Sacra Scrittura e come minimo, il Nuovo Testamento e il Salterio. Se qualcuno voleva esimersi da tale obbligo e d’altronde non poteva lavorare, doveva venire dimesso.

In Occidente, l’espressione lectio divina, è frequente nella letteratura spirituale, soprattutto monastica. Dopo essere stata abbondantemente utilizzata durante il periodo patristico e l’alto medioevo, essa divenne più rara a partire dalla fine del XII secolo. In seguito cadde addirittura in oblio.

Solo tra il 1940 e il 1950 grazie al movimento liturgico francese, la lectio divina, si diffuse largamente sia dentro che fuori gli ambienti monastici. Oggi con il termine lectio divina, si indica una lettura meditata soprattutto della Bibbia, e prolungata in preghiera contemplativa.

L’oggetto della lectio divina, è la Sacra Scrittura, tenendo ben presente che per i monaci dell’antichità e del medioevo, la Bibbia non può essere isolata dai commentari che di essa hanno dato i Padri della Chiesa spiegandone i vari versetti, citandone altri che a loro volta li spiegavano. Alla base di questo interesse quasi esclusivo verso la Bibbia, si trova la convinzione che esista un legame stretto tra vita monastica e parola di Dio. Si pensa che esista unità e continuità tra l’Antico e il Nuovo Testamento perché quest’ultimo, non è altro che il compimento del primo che ha trovato il suo completamento nel Mistero Pasquale. A tale Mistero, ogni monaco e cristiano in generale deve partecipare, rivivendolo e rinnovandolo in se stesso. Questo non è possibile se non si fanno propri i misteri di cui parlano le Sacre Scritture. In certo qual modo, lo stesso Spirito di Dio che ha ispirato gli autori dei Libri Sacri continua ad agire in coloro che li leggono, che cercano di fare l’esperienza delle realtà di cui essi parlano.

Il metodo che permette di assimilare queste realtà e di ricevere, compiendo questa attività, la grazia di Dio è uno di quegli “esercizi spirituali” che danno alla vita monastica le sue due caratteristiche essenziali: l’ascesi e la contemplazione, perché permette di realizzare quell’attenzione sostenuta verso Dio che viene designata con espressioni tradizionali come “oratio continua o memoria Dei”. Essa è inseparabile dalla meditatio, dalla oratio, dalla contemplatio e in ultimo, dall’actio.

Tale esercizio, non consiste solo nel leggere, ma nel meditare la Scrittura. Si tratta nello specifico di leggere pronunciando le parole interiormente, “di ruminarle” cioè di ripeterle in maniera tale da farle passare alla memoria, da farle passare in se stessi e da metterle in pratica.

La lectio quindi instaura una vera conversazione con Dio mediante la meditazione delle parole che egli ha ispirato. Deve essere precisa e attenta, spirituale e di conseguenza santificante, attiva perché vissuta e di conseguenza vivificante, personale e intima, assidua, continua, breve. Essa non mette in opera solo l’intelligenza, ma ciò che viene chiamato “l’orecchio del cuore”; suppone l’ascesi e favorisce la compunzione sotto i due aspetti del rimorso delle colpe e del desiderio di Dio.

Oggi la lectio divina riveste un’ attualità riconosciutale non solo negli ambienti monastici , ma anche in quelli mendicanti e in nuove comunità. Non supplisce a tutto e ha i suoi limiti. Ma, d’altra parte, è di facile applicazione e corrisponde all’interesse che oggi si ha verso le “fonti cristiane” che sono la Sacra Scrittura, i Padri della Chiesa e la Liturgia e che costituiscono il patrimonio comune di tutte le Chiese. La sua attualità, viene ripresa anche dalla costituzione dogmatica Dei Verbum, del Concilio Vaticano II sulla rivelazione divina, che è tutta nutrita di termini e idee fornite dalla tradizione della lectio divina e si può dire che tutta la parte finale della Dei Verbum ne raccomandi la pratica.